di IPAZIA
IPAZIA
Il sostantivo di Donna
di Francesco PASCA
"… È bene sempre guardare l’Altro nella sua bellezza e vederne le qualità, quindi, è nello specchiarsi che si riflette l’essere e si arricchisce.
Per questo ho amato e vi è stato il piacere di vedere e di essere. Occorre osare anche amando e non ci si deve aspettare d’essere solo ricambiato. L’Amore per la Donna è Amore di Uomo e di Donna e di tanto altro.
come in tutte le svariate componenti di una creazione le forme plurime sussistettero l’una nell’altra e l’altra con l’una.
L’Uno così come l’unico e il diverso, furono detti identici nelle loro radici.
Il mio amico Albero un giorno mi chiese: «cos’è il peccato in natura?» ..."(da aThea - uomo di Nazareth)
La diffusione degli ideali femminili è radicata nella mentalità degli artisti e questi hanno da sempre attuato la rappresentazione più fedele possibile del mondo femminile in tutti i suoi aspetti.
Dunque, è ragionevole riprodurre la realtà dei costumi umani usando l’occhio della scienza e dell’esperienza come ispirazione. Lo scopo è quindi di far apparire più reale possibile il proprio contemporaneo. Delle donne è il semplicemente, è il loro modo di essere, dalla bellezza all’originalità, è il non poter fare a meno di sbalordire.
Nella ritrattistica il campo è immensamente vasto e sono re e regine, scienziate, letterate, filosofe, guerriere, amanti e tant’altro. Delle Donne è il dipingere, il farsi dipingere, l’astrarre. Delle Donne è il sentire di scrittori, di artisti/e come il Michelangelo, Leonardo, Bellini, Hals, Memling, Vermeer, della primogenita del Tintoretto, Marietta Robusti, della fiamminga Levina Teerline, di Berthe Morisot (1841-1895) cognata di Edouard Manet, di Eva Gonzalès (1849 – 1883), dell’americana Mary Cassatt (1844 - 1926), di Frida Kahlo moglie di Diego Rivera e amante di uomini del calibro di Leon Trotsky e André Breton, ecc …
Per la Donna, in Europa, a partire dal Medioevo sono comparsi accessori e gioielli fastosi per ostentare lusso e opulenza. Sono contemporaneamente apparse varietà di pettinature e copricapo. Spesso dietro a questi ornamenti si nascondeva una moltitudine di significati. Acconciature e abbigliamento erano riconosciuti parte del corpo significativa e di riguardo. Nei copricapo vi era la sede delle facoltà intellettuali. La descrizione dell’ornamento da capo femminile del Quattrocento è fornita dall’Agostiniano Gottschalk Hollen. Ma delle Donne è il carattere, il tempo che le conduce, l’intrattenere con tenerezza e con curiosità culturale.
Se avessi potuto parlare del Vero con una Donna l’avrei fatto con Ipazia, le avrei chiesto: «Dove e come corre il Sole?»
Avrei potuto assecondare la sua intuizione e chiederle se è centro di qualcosa, se a sua volta sarà periferia di altro centro. Oppure, con delicata rimessa, ma intrufolato nei suoi pensieri, avrei chiesto: «dov’è dunque il centro dei tanti centri?» Non ho potuto colloquiare con Ipazia così come non ho potuto rivolgerle le mie domande, probabilmente, seguendo la logica di una traiettoria cosmica, quel centro è la stessa Ipazia ed è a lei che, oggi, devo concedere e dare il centro di quel Punto. Il mio chiedere non sarebbe mai stato solo l’inizio della domanda ma la certezza che un Luogo Centro, di tutte le cose, esiste.
Stupisce Ipazia la grande filosofa e scienziata del IV-V secolo d.C.
Pallada d’Alessandria detto il Superbo, da poeta ed epigrammista, anch’egli di fede pagana, condivise le sue buone ragioni e, da un suo particolare trascendete non riconducibile, le dedicherà i seguenti versi:
«Quando ti vedo mi prostro davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della Vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza delle parole, astro incontaminato della sapiente cultura.»
È così che Ipazia nasce ed esce dall’intrico del reale, così, nasce dalla geometria, dalla minuta sommatoria del semplice che ne diviene il complesso, e, come Venere, anch’ella nasce dalla spuma del mare, respira la buona aria dell’intuizione e si dirige con il suo corpo che è pensiero verso altre isole, altre “Delo”.
Per la filosofa delle misure le complesse realtà fisiche sono coniugate con le tante traiettorie che si delineano in un pensiero astratto.
Ipazia sa osservare la gravità dei corpi, sa collaborare e suggerire, sa dare alito di conoscenza per la stesura di importanti commenti. Sul “Sistema matematico”, come quello dell’allora sistema a firma di Tolomeo, sa trovare i fuochi di una ellissi e sa collocare il suo Punto, i Punti di riferimento. Ipazia segna le sue curve ideali e come tutti i bravi discepoli sa superare i Maestri.
Le rivoluzioni dei corpi celesti sono le sue rivoluzioni e va oltre i filosofi, oltre i matematici, gli astronomi, supera lo stesso genitore, colui che l’ha condotta con l’identico e amorevole percorso da Punto a Punto.
La Scuola Alessandrina nella quale esercitava le consentirà di possedere la strana combinazione fra la teoria e la pratica, tutto nella piena libertà di un pensiero.
La geometria quantitativa piana e solida, la trigonometria, l'algebra, il calcolo infinitesimale e l'astronomia le consentirà altre traiettorie, si addentrerà nelle conoscenze, nell’eredità di un astrolabio, nel concepito e nel quanto conosciuto da altri.
Ipazia colloca la filosofia tra le unità delle conoscenze, facendola divenire la scienza delle scienze. È così che l'uomo comunica attraverso le scienze con i suoi simili ma anche con un certo trascendente e fa fondamento mistico e altresì razionale. Filosofia, quindi, da applicare per educare gli uomini scevri dalla retorica e da ogni ricerca di puro successo personale e a disposizione di chiunque .
Occuparsi dell’oggetto è perfezionarlo. Le parole nel descrivere rileveranno quel che è ritenuto una semplice ipotesi matematica, l’ipotesi data dal segno mutevole e da altre astronomie alessandrine necessarie per contemplare la reale complessità della natura e della disposizione delle Cose nell’universo.
Non ho potuto parlare con lei, leggere i suoi pensieri, altrettanto mai, anche altri non hanno mai letto, potuto leggere i suoi scritti.
Ipazia come centro indispensabile per dar vita ad un cerchio fa giungere a noi il suo pensiero attraverso il dire di altri filosofi, di altri illustri matematici.
Ci giungono persino scritti attraverso un suo giovane allievo, Sinesio.
A quel tempo non doveva esserci rivalità filosofica né oscure reticenze sui misteri scientifici. Per Ipazia le verità non si nascondono, non hanno bisogno delle rivelazioni, lo sono perché sono da sé apprezzate o accondiscendenti ad essere modificate per rafforzarsi e raggiungere l’universale. Ipazia è pertanto consapevole dell’evoluzione del pensiero e lo illustra come percorso neoplatonico, senza né elevarsi, né nascondersi perché ama la filosofia come stile di vita, di approccio al mondo perennemente nuovo. È consapevole che un qualsiasi pensiero filosofico, se autentico, non può essere sistema originale od esclusivo ma determinarsi in una costante che può scaturire con religiosa disciplina per ricerca della nuova verità. Quel che ha impressionato, che più impressiona leggendo di Ipazia è trovare quell’aver saputo distinguere, il saputo tratteggiare sia il neoplatonismo orientaleggiante o quel certo ed evidente razionalismo sia il neoplatonismo anticristiano. È dimostrazione di ciò l’aver manifestato la propensione a prediligere la relazione maestro-allievo così come lo fu fra Socrate e Platone. Sinesio lo evidenzia come traccia costante e pratica dell'insegnamento di Ipazia.
Donna, dunque, non più costola di Adamo ma forza ed equilibrio fin dalla notte dei tempi.
Universo femminile nato per difficoltà da affrontare. Fare un viaggio a ritroso in quel mondo è scoprire l’attenzione sull’oggi.
Per lei Una Doppia Fatica che richiede energia e senso. Ma a volte tutto ciò sembra non bastare occorre anche ricordare.
Bene e Male è anche incarnato femminino che non allontana la concretezza soprattutto dal potere del decidere e del fare. Qualsiasi universo a noi “diverso” è sempre ruolo di madre mai piegato al solo volere dell’uomo.
- Accedi per lasciare commenti