IL Giardino di Girolamo
Casa Comi e dintorni.
di Francesco Pasca
“Il confine è stato aperto”. Questo è tra le righe dell’articolo a firma C.A.Augieri.
In quel din-din-torno si suppone, anzi, si conoscono bene quei confini, cosa sono e di cosa si sta parlando.
Vi sono Luoghi che nessuno ascolta con gli occhi e sono lasciati all’incuria del non saper gestire, nel non meritare di avere. Intanto, perdono aura e fascino o si arricchiscono di nuova aura e fascino. Viene chiamato: Incuria o Mistero.
Potrà crescere erba, farsi alta, divenire secca e l’incendio essere lì con il crepitio e non è più il dire di alcuno, né l’usare: “L’erba del vicino è più verde”.
Vi sono Luoghi dimenticati che improvvisamente appaiono e vengono ascoltati sebbene non siano restati muti. Sono i premurosamente avvolti come mura aureliane da un nuovo avvento per “wrapped objects”, per far conoscere, modificare la parte non più percettiva dell’oggetto e dei luoghi, dall’avvento di un nuovo “Christo” che li vuole sottrarre e li impacchetta per altra storia.
Vi sono Luoghi che si additano improvvisamente e con una cifra da €1800.00, (inflazionati e annui) si svegliano nel se-sé e fanno da sé la storia.
Sono tutti uguali quei luoghi, vi è sempre qualcuno che li ha dimenticati e l’altro che li rivendica e ancor altri che intanto danno olio di gomito e ramazzano, potano, diserbano, innaffiano. In poche parole: Nutrono.
Sia che a svegliarli siano stati gli uni, gli altri sono già andati e sono a rimorchio con altri ancora e, i dintorni di quei luoghi si assiepano, si stringono come nelle cerimonie di addio o di vivacità nuziale.
Di positivo c’è il propositivo, c’è l’ascolto del mio terzo orecchio e, nell’ascolto, ho letto la voce di un poeta. Si inizia finalmente il proporre e non è il solo a dar luce di fuoco per erbe secche, per dimenticanze e per Alberi da rinverdire e per non dare solo pochi euro in cambio di niente.
Nobiltà di intenti per un nobile fare. Mi pare pochino in un mondo che si è predisposto all’iniziare e, nel poi, “così vanno le cose di questo mondo”, ridiventare quello d’essere, il sempre.
Ma c’è a chi piace il sognare e l’aggiungere, piace l’inflazionare nonché prenotare un posto a tavola, magari declamando poesie.
Via! Giro di valzer. Casa Comi nella girandola, anch’essa, nei tanti pab-culturali dei reading, nei carrozzoni del gozzoviglio aromatizzato alla parola con spezzatino di poesia e ricordo di narrativa, col dicitore sinora rimasto muto, col nuovo scrittore che ha sfornato il suo gioioso libro e col poeta che ingaggia il poeta come s’usa nella sagra paesana o nella taranta-ella sprovincializzata. (perché assumere la mosca al naso in un periodo di vacche magre, non pare anacronistico?)
Se Casa Comi è quel che è o lo è sempre stata per ragioni di una storia di luogo di cui ancora si racconta, di quei dintorni, oggi, sono le amenità dei si dice o del si può fare.
Il giardino di quella Casa, come parte di Anima Libera improvvisamente si potrà riempie e si affollerà non solo materialmente, soprattutto con ciò che è già insito nel racconto dell’uomo e per il ciò che si, via via, per opera dello stesso o si vuole, anche ricostruire.
Refrain: Così vanno e vengono le cose del Mondo.
Amo leggere e ascoltare la provenienza da ciò che leggo. Dall’occhio alla mente, il processo mi diventa il terzo ascolto, il terzo orecchio e, come tutto quel che è in eccesso, dà l’eccesso.
Intravedo e leggo della casa a corte, della cultura forte della nostra salentinità; ancor più approfondisco il senso di accoglienza conviviale dei luoghi di incontro, a come lo sono stati nel tempo, aggiungo, a come nel MedioEvo le cattedrali costruite lungo gli assi viari della cristianità davano mercanzia e baratto, a com’era la sosta devota e anche a quanto di poco cristiano s’andava a rincorrere.
Gusto, e attraverso i luoghi raccontati a piedi scalzi per non fare rumore, per dar luce a quel mio ascoltare.
Le libagioni le immagino chiassose, diventate le altrettante adunate filosofiche che uniscono vera carne con vero pensiero. Sento, avverto il calpestio dei cavalli, dei carri, delle scarpe; vedo il rumore di indumenti lacerati, logori, impolverati, ascolto lo scintillio delle armi e il puzzo delle ascelle. Tutte cose che hanno bisogno della stessa sussistenza della vera carne, che sentono l’urgenza dell’essere efficienza e reclamano la bottega del sarto, del calzolaio, del ciabattino, del fornaio, del maniscalco, del fabbro, del chi all’uopo può dare ragione e presenza.
Dalla mia fantasia scendo e apro silenzioso i battenti delle botteghe e do certezza. Immagino tutto questo con il mio orecchio e sprofondo tra le radici di un ricordo, nel ripostiglio del mio richiamo, annego anche nella cultura dell’uomo che s’è fatto Uomo attraverso una “cena”, fatta a Cana, movimentata con il niente che è diventato il tutto e di tutti.
Quel che non racconta e rifiuta la mia fantasia è quel passato così scanzonato come lo si vuol far passare e dipingere. Alla mia fantasia è parso inopportuno ricordare che di convivi di dialogo socratico non se ne facessero ogni giorno, ogni ora, ogni minuto e neppure sempre nello stesso luogo (almeno non con quella serietà d’obbligo, qualche scopatina ci scappava).
È parso inopportuno il ripetersi delle Nozze di Cana, non tanto per le nozze in sé ma per il miracolo che l’accompagnerebbero e per la moltiplicazione del vino che alla fine non può essere solo acqua.
È parso inopportuno al mio sperare immaginare il futuro, credere che, comunità e presa di coscienza, passi attraverso la pura oralità di una semplice frequentazione di bottega, di cantina, forse anche di caldo tepidario termale.
Mi sfugge il luogo popolare d’incontro e il bla-bla.
Piuttosto, così è che, Casa Comi, mi diventa: L’abbazia del così come è stata raccontata ne “il Nome della rosa”, il fuoco che s’ha da ardere e l’amore che s’è preso e non s’ha più da prendere. Povero Adso.
Il luogo apparso è Casa Comi, che è memoria scritta accompagnata dal segreto della lettura e dall’eresia, del chi si appresta a diventare tribunale e rogo per blasfemi interpreti di cristianità (meglio di cultura letteraria e culinaria)
Non ci siamo, né da destra né da Manca è giunto ancora il vero culto da assegnare al luogo.
Nuove nozze lo attendono.
Farò da testimone e nel refrain canterò (con Eraclito, accanto al fuoco dove sono presenti gli Dei …): Così vanno e vengono le cose del Mondo.
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