cronaca

4-5-2-0-1-3(cronaca)

 

di Francesco Pasca

 

C’è un sottile filo rosso che fa della dicotomia una visione tra e fra una linea d’orizzonte descritta dall’ozio.
Dal volutamente diviso ne faccio salto "per il me per", l’ennesima elaborazione scritta dal e per condurre al colore. Quest’ultimo lo lascio sfociare nell’assoluto, in quel che l’accidentale vuole per una città, Lecce, la voluta e necessaria provincia di un sempre. Stamane ne rivendicavo la specificità parafrasandola con l’Impero Romano di ieri e di oggi, quello adagiato nella decadenza. Ero lì dove tutto sembra scuotersi per poi tornare nell’oblio di un nulla e attendendo altro tempo, il non più ricorsivo palindromo di quel suo non colore, quello da provinciale, quello voluto da un sabato per una domenica e dettato dalla necessità di provincia per continuare a far vivere nel sopravvivere l’Impero di sempre. La domenica è per il giorno da ritenere normale o eccezionale o casuale. Tutto comunque è cronaca di un accaduto nel giorno del convenzionale, di sabato 4 del mese di maggio e nell’anno 2013.

Non vi sarà mai Storia scritta né da scrivere per una provincia se da altri vi è l'utilizzo di un accomodare e, a Lecce, se ne spreca molto di quell’accomodante.

Tradotto in cifra il mio è: 452013 un da 0 a 5 perché tanti sono i numeri presenti anche se non in successione, ma utili per ottenere una matrice al 36, del 3x12, del 6x6

Ho dettato nella festa il doppio del doppio palindromo. Ho cercato la Casualità prodottasi o voluta da un 12 e da un 5. Ne Ho scritto di domenica ed ho l’immagine di quella cronaca, di una non storia o del sé o per chi legge lo può diventare per il diversamente, potrebbe essere quel che appare e si manifesta nella noia di una cultura quotidiana, ma non in un effimero “ozio” del fare. Oggi ne scrivo ed è il 5 del 30 e sono tra le tante pagine quotidiane di “Dolce Vita”, quella dai caratteri cubi(tanti) e non cubi(tali), sono fra gli indecisi e i corrosi dal dubbio dello stazionare tra fornelli per il prossimo fuoriporta o all’insegna del rincorre la “sagra della puccia” o ancora tra la marmellata da laboratorio alchemico per un magico albero a cui sottendere a quel: verde melograno dai bei vermigli fior”.


Fra i fogli di carta da rotocalco trovo le vecchie signore di sempre, donne automobili nere, verdi, rosse e scarlatte o le forme dalle tattili lamiere volute dal martellare di mani “rozze” resesi così perché delicate o dedicate al lavoro e che riescono a modificare la storia intima di una materia, la lamina da colorare, da curvare mollemente, da far esplodere in dolci inquinamenti di economie impossibili e dalle tante periferie smarrite né mai cercate. Oggi non è il prologo del sabato ma l’epilogo di una domenica da Bizet, da Debussy, quello dato da D’Annunzio e che s’aggroviglia in Bello Luogo che è parco, cruciverba del grande Salento destinato ad altra le(g)enda utile anche a far goder di cinema o a sognare. Occhio al film quindi, perché è il monito dell’intrattenersi in: Vortice di follia tra “una vita a cinque stelle” e i DUBBI del “superuomo” nietzschiano.

160x160due160x160La domenica puoi trovarla nell’escatologico dove è persino la storia di un aldilà che è aldiquà, che è il surreale di una addomesticata, del dove si ride all’Antoniano e ci si infuria con l’Orlando al canto della calandra a Tuglie, che ritrova la calma del caos dato dal mio colore.

Così è mi diventa il non più sabato del villaggio, così, signori, è il servito con i pochi spiccioli da spendere, coi centesimi e non con lire, né euro.

Trovo la Dolce Vita adagiata tra il giorno del sabato e notte della domenica, trovo la mia realtà, la divisa da una (&) commerciale o da mitico molleggiato o da un Vate nella musica di Haendel, Noderman, Donizzetti di Bizet. Tutto questo è proiettato in un Parco mai parco di note.

È la domenica, così è servita. Signori, essa è già, è il così si volle, così è per spuntare, per sputarsi con il vigore del soffio nerastro di marmitte incandescenti di marinettiana memoria su ali di altra Vittoria, per altra Samotracia.

La tua domenica appare nel sia, tra quel che la nobile novità dice d’essere carica nei ricordi.

Così è la domenica e sta per schiudersi come l’uovo del (N)uovo Calimero, del Piccolo e Nero nel “Nuovo” per essere sfortunati e trovarsi sul pianeta PaPalla, tra un’umanità ancora tutta tonda e rigorosamente voluta di plastica, dell’utile da lasciare in accostamenti di altra materia tra spazi vuoti delle sue interconnessioni.

Signori, si dia inizio al “Nuovo” Carosello, all’’iniziatore di “Nuova economia” rumorosa e nel BUM-BUM di una cultura da stridere su lavagne d’ardesia coi gessetti spezzati e con nuove locomotive per “Nuova” Carmensita: Chiudi il gas e vieni via, vieni via, vieni via.

C’è sempre quel filo rosso per una nuova dicotomia, per il paradosso che sovrappone l’ossimoro, per chi capita di sabato per una domenica fra un 4 ed un 5. Mai cedere, nemmeno di un millimetro lo spazio conquistato, gli orizzonti servono a questo per essere graduati o spalmarli sul piano di una superficie, occorre stenderli come elastico, aggrovigliarli, sovrapporli nel multi direzionale ma mai lasciare loro speranza nel tridimensionale, nel NON 3 di un Tetra.

Il mondo dell’altrui proiezioni deve essere comunque l’apparire, il rigorosamente piatto, il virtuale nell’attraversarlo e nel mai, nel mai sfondarlo. La domenica si è chiuda nel segno dello zero, della Palindromia, della necessità di un percorso da tagliare, da sezionare, da costruire con il ragionevole dubbio di una ENNE che non può esistere tra un sabato e una domenica. Quali, nell’ovvio, i percorsi da seguire fra una cipolla e una patata? Quale il probabile nell’intimo che è e al contempo non è né fondo nè superficie? Quale l’ovvietà tra un sabato e una domenica? Quale l’opportunità da dare al colore s’è nel segno del 3 o dell’ 1, s’è questo o s’è consumato il già ? 4-5-2-0-1-3 ?