Un romanzo inutile

è da ritenersi ogni riferimento casuale.

Diavolo! per: (UN ROMANZO INUTILE di Manlio Ranieri)

Ovvero perché mi son bevuto il cervello per un romanzo descritto inutile.

di Francesco Pasca

Perché può, è inutile un romanzo. Di motivi per chi legge ve ne possono essere tanti, magari nella convinzione: “sei più forte di loro (di lui). Puoi vincere. Non ti far fregare”, oppure trovati alla fine o durante il rincorrere delle pagine, quando si è certi di essere nella “calamità naturale” di una scrittura. Di motivi per chi scrive, forse, UNO, il solo.

Infatti l’autore per giustificare quell’inutile se ne disfa come di un fardello di memoria inquieta, repentinamente, addossando la colpa ad un altro/altri.

Il boomerang di 237 pagine di Manlio Ranieri per Musicaos:ed Smartlit 06, nel suo esordio, viene evitato egregiamente e a essere colpito resta ancora una volta il lettore. L’altrettanto con il suo reso è metafora di un tal Giacomo Lavermicocca, l’altro scrittore. Un altro che insegue un altro è la trama. Il blog che insegue se stesso con nomi, sovrapponibili nell’intento, ma diversificati negli approcci è il messaggio, non è più quello digitale.

Sebbene, oltre ad non averlo richiesto - e non sono stato costretto a leggerlo - lo leggo. Capire le ragioni di un inutile è l’oltre, è il che ed il perché scriverlo, anche farlo leggere, ovvero farlo incappare anche nell’inutile "PARANOIA" semi/seria dello scrittore. Nell’odierno si apprende che, Facebook, Twitter e i tant’altri blog servono per preparare e poi tappare le attese, per spendere energie o per costruire alternative con messaggi di ritagli non digitali ma reali: ATTENTO, LAVERMICOCCA.

È questo l’altro aspetto dell’immaginario, è il monito a: Pubblicare? Leggere? Attento, Lavermicocca prim’ancora c’è scrivere. Scrivere! Scrivere! Ma dal prim’ancora, ch’è l’immaginare, s’è il nuovamente banale, non è il pubblicare? Attento! Pubblicare? Pubblicare!

Attento Lavermicocca, lo stile deve essere piano, il “Fuori” deve essere la scrittura trasversale di chi attende nella palude nascosta di e in un blog.

“Scendere in campo” per il lettore è il chi vuole anche il “fuori” dalla sensazione e che sia il dunque e che sia l’Ahi! Il me ne duole.

Le avvisaglie sono così, sono e fanno differenza e lasciano, diventano “il sottile”, la sembianza sagomata dall’ombra di un blog ch’è una vacca, ch’è grigia per essersi palesata all’imbrunire di un pixel e per aver osato campagne di guerra in sordina.

(É)? Sì proprio con l’acuto e non col grave. Ma è il facile ed [è] perché s’è dato nel MAI e, nel ciò, se n’è descritto per sensazione.

Beh! Si sarà detto Giacomo: Ora ne ho, quindi, scrivo e qualcuno leggerà in pubblicazione di altro show, di altro populismo, di altra democrazia non più sorretta da Costituzione ma da blog continuamente lento e soffocante del nuovo essere politico.

Per me che leggo lo farà per il prima e per il poi ed è, sarà scrittura in quel dubbio. È, sarà il prospettando, sarà solo per l’immaginare. È il semplice nel rinforzo di un ricorsivo posposto, forse, in un “non volevo diventare un politico di professione”. 

È ansia in quel che si prefigura e nel quanto si possa accumulare in altra ansia e in altrettanti accumuli di tensione. Nell’immaginare, leggere, divento anch’io azione, l’Azione del: “che mai sarà”.

Com’(É)? Qui è inutile riprendere l’acuto nel grave. Giacomo è nell’anch’io giovane, fa il virgolettato per azione. Ma, al contempo, scrive, legge e pubblica anche dell’immaginare, e, per chi ne legge, dovrà essere il sì, trovarsi nei meandri del target, nella sua giusta durata, nell’implementazione.

Forse è questo il motivo che farà scaturire: “Ambition makes you lokk pretty ugly/Kicking, squealing, gucci little pyggy/You dont’t remember/You dont’t remember…”

L’interesse è presto detto: Lettura/scrittura, “benvenuta nel mondo della politica(?)”.

Ma nell’inutile, chi mai potrà leggere senza quell’immaginare? Magari io da lettore lascerò, Giacomo lascerà perdere o prendere il romanzo come il fare quotidiano politico. Giacomo mi dà il sé ed è nel chi è, è già nell’immaginare e non solo per potenziali lettori o elettori, né per solitari editori o per compratori stampatori. Chi scrive e vive i perché, mai dovrà preoccuparsi della risposa: “Criterio oggettivo un cazzo, Giacomo”. Nell’Oggi, non vi è quel sapere di ...: Di che cosa avrà bisogno uno scrittore per decidere di fare politica in un libro? Vedere il bianco di una pagina non è forse l’inutilità del riempirla? Comunicare con l’inutile non è forse il solo scrivere?

Così! Ma anche se si è detto nella definizione, così ama Giacomo (Manlio Ranieri), così amerà richiamarsi nel mondo confuso, nella malferma visione di una nebbia fitta.
Così forte è il bisogno del ritornare a scrivere?

Così è quell’(É): Sì! Così è l’[È] ma non della signora annoiata che passa dal Sole alla Luna per durata, per dinamica frescura di un corpo lettera, per comunicazione e per esser vacca all’imbrunire nel grigiore.

Oppure "Così" (È) quella di Giacomo nell’incerto o nell’intellettuale ch’è nell’apparente superfluo, così è che lo sento esclamare nelle 237 pagine del suo detto “inutile”: «Orsù, la Terra non muove, ch’è fatta per dimora e per essere grave nei corpi, per dire e sapere, per non solo stampare, non per solo leggere prim’ancora dell’imbrunire o nel volare. Per me non è fare o finta d’editare.»

Un bel libro, giovane, da leggere comodo, scelto con cura dalla collana diretta da Luciano Pagano per la altrettanto giovane Casa Editrice Musicaos:ed.

Buona lettura!