Del Codice

Hammer (Ch’È del Sole e, dell’Acqua, la Luna.)

di Francesco Pasca

Scendere è il sì ed è ancor poca fatica s’è non del salire o del chi monta per scale o se n’è carica e tempo o di chi, per esser l’omo n’è il vero, s’è il peso del levare.

Chiamatelo Codice Hammer-Leicester e sono i 18+18 fogli in originale di 29 × 22 centimetri e lo sono solo se rilegati in pelle e se databili tra il 1504 e il 1508, per altri ancora tra il 1506 e 1510.

In una sovrapposizione temporale lo sfasamento è del due, poco e tanto per una storia da raccontare. Nella storia recente il Codice in oggetto nel 1994 fu acquistato per trentuno, circa, milioni di dollari, da Bill Gates, dal fondatore della Microsoft Corporation. Tralasciata la vita di un Codice passata per un’avventura intuita digitale, le domande sono: Ma che faceva Leonardo fra il 1504 e il 1508 o il 1506 e il 1510 quando lo vergava in seppia di inchiostri organici per profondità nei toni e con penna (appurato stilografica) e nel minuto dopo minuto e per Casi e su carta? Ma soprattutto, che ci voglio fare io con il rievocarlo e dando priorità ad nuovo ordine? Per la Storia di un inizio, per Leonardo, siamo in un quadriennio importante sia esso stato il primo o il secondo e occorre perciò spendere in pensiero, il tempo.

V’è da precisare: che, s’è dal 1504 che s’ha da incominciare, l’anno è di un Leonardo occupato in fortificazioni (a Piombino) e in idraulica; che Michelangelo darà inizio al cartone della Battaglia di Cascina; che, nel 9 di luglio di quell’anno muore il padre, il ser Piero, che nel frattempo ha lasciato in vita dieci figli maschi e due femmine, naturalmente, fra i dieci lo stesso Leonardo. Via via nel proseguire: che nel 1505 Leonardo inizia gli studi sul volo degli uccelli; che alla fine dell’anno risultano a lui pagati i compensi per la sua Battaglia D’Anghiari; ch’è, importante, per un’altra datazione, conoscere di un Raffaello intento a riprodurre con uno schizzo la composizione della Gioconda e della Leda; che lo zio Francesco nel maggio del 1506 muore e lo nomina suo erede; che parte da Firenze  diretto a Milano alla corte di Carlo d’Amboise; ch’è di quel periodo l’inizio della turbolenza giudiziaria contro i fratellastri per il lascito testamentario dello zio. Non è poco se, da un manoscritto conservato oggi al British Museum si evince a mano di Leonardo: “A dì 9 luglio 1504, mercoledì …”; se nel Codice Atlantico conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano v’è ripetuta la stessa data con: “A dì 9 luglio 1504, mercoledì …”

Per meglio comprendere l’importanza psicologica di quel che scrive Leonardo in una data è utile far chiara una cosa, ch’è strano per un pignolo come Leonardo datare l’evento della morte del padre di mercoledì, s’era, per quel tempo in calendario e nel corretto esser invece di un martedì. Diremo nell’ovvio che, sarà stato per turbamento o per averlo ricordato come fugace ricordo, come rapido appunto o d’esser esclusivamente per nota da ricordare.

In quel tempo d’arte e di scienza, per intenderci, v’era già il bianco gigante del David collocato innanzi al Vecchio e v’erano già stati molti non risparmi di “elogi” fra Leonardo e Michelangelo. Diremo ancor di più e meglio se ciò sarà stato per altro turbamento, ch’era del medesimo tempo e di quel che si è già detto.  

Non sarà stato digeribile per Leonardo sopportare che, la parete di fronte per la decorazione della sala del Consiglio a Palazzo Vecchio in Firenze fosse stata affidata proprio a tal Michelangelo e in un cimento d’affresco e di fronte alla sua e per altra battaglia e per esser consapevole nel troppo, nella diversità e per non esser solo d’Anghiari, ma d’essere l’altra, di Cascina.

Il taciturno Leonardo suppongo che se ne arrovellasse. Fra grandi, non di età intendo, è bello il litigio, mette anch’esso ordine a cose quando son per essere del Due. L’importante è il giungere all’Uno della Storia, dell’Arte e del Pensiero.

Pare che, nel litigio e nei distinguo si accrescano le basi di una Storia e, per quell’Uno ch’è il Due, ch’è pure il dibattito del fare e ch’è e s’aggiunge alla fierezza dell’uguale, v’è sempre il tempo per porgere il pensiero in altro e per l’ancora. Leonardo dirà proprio del che fare, nell’ingiuria e nel dissenso: “… la pazienzia fa contra alle ingiurie non altramenti che si faccino i panni contra del freddo, imperocché se ti moltiplicherai li panni secondo la multiplicazione del freddo, esso freddo nocere non potra; similmente alle grandi ingiurie cresci la patienzia, e esse ingiurie offendere non ti potranno la tua mente” (Leonardo dal Codice Atlantico 115 v.)

Per una narrazione si fa presto a passar da una lezione di etica del Leonardo e giungere all’aneddoto purché sia esso sempre nel circoscritto di quell’inizio d’appunti.   Ma rieccoci all’ordine reclamato per una risposta, per come è l’uguale evinto da un scorrere numerato di pagine e titolate in Casi e per essere dapprima Codice, poi, per quel che è giunto a me nell’anastatico o nella sua copia fedele.

Proseguo.

Leonardo nel 1507 conosce Francesco Melzi e, nel frattempo, si celebra il processo che l’oppone ai fratellastri che ne contestano l’eredità. Si giunge così al biennio 1508-1510 e si intensificano gli studi sull’acqua e sulle sue geometrie. Nel frattempo Michelangelo inizia gli affreschi della Cappella Sistina e Leonardo prosegue i suoi studi d’anatomia con Marcantonio della Torre, poi ancora si interesserà d’idraulica e, importantissimo, nel 1509 viene data alla stampa, a Venezia, il De Divina Proportione del Pacioli e dello stesso Leonardo. Per concludere, nel 1910 muore Botticelli.

Ho terminato la dovuta precisazione l’utile per iniziare a soddisfare la prima delle interrogazioni. Per la seconda o successive inizio a dar corpo col motivo ch’è l’altrettanto e ne sarà il seguire maestro per la mia scrittura.

Dunque, così Leonardo ha attraversato il quadriennio e, a dir poco, è stato esplosivo e lo fu ancor più per le vicende fra lui e il Michelangelo. (Ma l’ansia della mente non era la pacatezza del suo gesto, così come l’era in pittura). Al lume del sole di giorno e della candela la notte si consumava un errore da parte di Leonardo. La candela s’accorciava, consumava la sua luce e dava l’imperfetta soluzione alla non del tutto compresa legge di Archimede anche se spiegata, suppongo, sapientemente a lui dal Pacioli.

Per me fu così che Leonardo iniziò a riempiere pagine su pagine di diagrammi su diagrammi in geometria, soluzioni di più o meno per lenti travasi di bacini d’acqua in sosta o pronti a traboccare, di gocce da frangere, e acque da forzare in condotte o far scorrere piane per saper ancor più di astronomia, di Sole e di Luna e di musica per esser acqua da specchiare. Era per saper tutto sulla macchina pulsante ch’era la Terra, poi anche della Luna e per conoscerne il suo processo di rifrazione in luce e poi ancora per regolare l’Arno sia esso per renderlo navigabile con grandi navi o per inondare Pisa. Nel tanto Leonardo lascia sul Codice numerosissimi schizzi di idraulica e, contemporaneamente, altrettanti schizzi per la battaglia d’Anghiari su altri fogli e altrettanti per un mai riuscire a volare su altro Codice. Per Leonardo quindi più di un pensare e di un diversificare è il “per un sempre conoscere”. Per lui il poi dell’appuntare diventa, è l’assillo soprattutto dell’appurare.

S’è di scienza che s’ha da parlare, in quel tempo, il metodo leonardesco non è della formula tipica di un matematico puro ma dell’applicazione di un’intuizione passata attraverso il fare sperimentale di una geometria costruita per la quadratura del cerchio. Riottenere dalla matematica pura il reso sperimentale e, scientificamente, da una certa equazione non è, non era per le idee dinamiche di Leonardo, non lo era altresì per il ri/formulabile in un “astratto” matematico da ricostruire, sebbene rispecchiato nel suo particolare. Probabilmente con un più corretto coefficiente angolare emme sarebbe stata individuata la corretta pendenza di una retta non verticale in un piano ben definito, nel cartesiano non solo per le acque ma anche per l’aria, per il volo. Di fatto quel che compare in una logica emme non compare nella sua se pur sempre complessa non equazione.

Evidente ch’è solo il descrivere minuzioso e scientifico dell’osservato e lì c’è quel tratto mancino, v’è anche l’ammirevole confronto con le sagge argomentazioni di Cartesio combinate con le folli illusioni di un Leonardo scienziato. Leonardo comunque è turbine, è applicazione di un mezzo, meglio dire la turbina che macina vento e acqua. È scontro di fiumi in turbolenza, è goccia che cava il sasso e si trasforma, esattamente così come ne scrive e ne disegna, così com’è proprio e da lui voluta nel Foglio 5 del suo recto in: “questi libri contengano, in ne’ primi, della natura in sé, ne’ sua moti; li altri contengano delle cose fatte da e’ sua corsi, che mutano il mondo di centro e di figura.” (Leonardo)

Infatti figura, rappresenta e ne fa e ne muta e lo fa per prova dell’onda e ne spuntellata i segni nei moti, nei riverberi, nelle superfici così come rappresentati per la Luna con: “delli iscontri de’ fiumi, e lor frusso e refrusso; e la medesima causa lo crea nel mare.” (Leonardo) Sfogliare il Codice Hammer-Leicester è l’uguale dell’andare per acque in turbolenza e per calma di specchio. Per chi legge non importa possederlo nel suo vero, nell’originale, tuttalpiù non se ne sentiranno gli umori di un sudore e di un lasciare e del poi ritrovarne le impronte, non vi è il percorso sudato di quel tempo fra un pensare e il fare, non vi si trovano le esatte vibrazioni di uno scorrere d’inchiostro per seppia nello speculare, del motivo di un nuovo marginare, aggiungere o cancellare o voltar di pagina, sommare. Di contro nel virtuale di un anastatico si avvertono comunque le logiche di quel porre, del riporre, del precisare, del chiosare di due fiumi in: “Se 2 fiumi insieme si scontrano per una medesima linia, la qual sia retta, e poi infra 2 angoli retti piglino (lor corso), è seguirà il frusso r refrusso, ora a l’uno fiume, ora all’altro, avanti che sieno uniti…” (Leonardo)

Avere fra le mani il primo foglio del Codice Hammer-Leicester di Leonardo è l’aprire il giorno dimostrando che, il Sole è nel mezzo e che gli uomini " ...moveranno di sotto al mezzo dello nostro emisperio e cammineran per qualunche linia a ritrovar l'ombrosa parte di Terra..." Foglio 1- recto (Leonardo) Eccone dunque il motivo del mio racconto e dello stare fra fogli. Nel termine corretto ho fra le mani Leonardo. Dirò del come e del perché sono io a sfogliarlo a leggerlo a goderne con in mano uno specchio: per l’esser pur’io di mancino in sua scrittura, per trovar un diritto, un per me d’esser, in solo, per lettura.

Non dal lontanissimo v’è la partenza da un presente, ma dalla mia [L]ISA appunti per viaggio con il viandante e i suoi colori. (Edizione in cinquanta copie numerate e personalmente rilegate) Un testo anch’esso per parlare di Monna Lisa e del grande Leonardo e con all’interno buona parte dell’aneddotica e della storia per un presunto viaggio avvenuto dopo la morte della madre Caterina in Milano e con la partecipazione del Pacioli. [L]Isa è un Testo scritto per far nascere fantasie ed interrogativi. L’amico Maurizio Nocera, nonché poeta, storico e bibliofilo, in uno dei suoi tanti viaggi a Milano lo porta con sé, per un suo amico anch’egli bibliofilo, Alessandro Sandel Nistor. Allegato è il documento filmico con l’idea della sovrapposizione nel profilo di uno scorcio di montagna, di paesaggio per altre dolomiti, le lucane, e, per essere stato spunto per viaggio, per [L]Isa. Il testo sovrappone e per una singlossia, è altro profilo e se ne fa congettura. Per la “logica” dell’UNO+UNO fa UNO emerge il sottintendere di una conoscenza diretta del Leonardo del paesaggio lucano. La sovrapposizione rimanda ad uno studio di cui oggi si dibatte sull’appartenenza o meno del cosiddetto ritratto di Acerenza ad un Pixit mea, all’autoritratto di Leonardo ritrovato appunto ad Acerenza.

Non conosco l’esito completo degli studi in itinere su quell’autoritratto, né ho l’opinione nel visionare quel mio filmato o nel aver fatto leggere la mia scrittura, so solo che l’amico Maurizio ritorna e, nell’inaspettato, mi porge in visione i testi anastatici sia del Codice Hammer-Leicester sia della Divina proporzione del Pacioli/Leonardo. Ghiotta occasione da non perdere. Avere fra le mani il Codice fedelissimo è, per chiunque ami Leonardo, comprendere la filosofia di scrittura nel succedersi dei suoi fogli. Con il Leicester tra le mani, personalmente, ne ho potuto studiare anche la mia percezione, la pretestuosamente comparata alla voluta disponibilità del Leonardo a scriverla, a volerla nel suo contemporaneo farla diventare multimediale.

Analizzare i processi di un’esecuzione, per me che oggi ne scrivo, mi hanno portato, tuttora mi portano all’impaginare per riversare in un mio multimediale, ad immergermi in un digitale cinquecentesco. Leggere nell’attento guardare, immergersi in un Codice è la sensazione inversa del costruire leonardesco. Chiaro ed evidente quel processo. Prima l’immagine, poi l’adattare un testo all’immagine, poi seguirne i contorni, poi aggirare, poi puntare il compasso e verificare, poi accertare la chiosa e sortirla nell’evidente dell’adattare, anche correggere in un pensiero di taglia e incolla. Hammer-Leicester è la meravigliosa avventura da gustare nella totalità dove la differenza di un multimediale cinquecentesco, meravigliosamente, si sovrappone in un multimediale digitale attuale. (Suppongo che, al di là delle possibilità economiche di Bill Gates, quel ricco magnate ne ha intravisto proprio quella modernità) In una pagina si ha il potere del fermarsi nello scoprire. In un foglio recto o verso si ha il potere di affermare e far diventare il persistere dell’attenzione.

In un caso o più casi, su alcuni disegni, si ha lo stato di abbandono dell’immergersi nelle osservazioni e mettere ancor più in luce la grande capacità di concentrazione di Leonardo. In una somma di fogli si ha dapprima la frammentazione delle sue particole poi la comprensione dei fenomeni naturali così come voluti da lui per esprimerli(le) in energia. Il Codice è stato per me come uno grande schedario aperto alla conoscenza e per cose che non è dato vedere nel semplice o nel banale di un’osservazione. Ho avvertito che esiste un microcosmo di segno sovrapponibile ad un altrettanto microcosmo chiamato per quel ch’è nell’intimità della materia con la voce utilizzata, della cosiddetta particola e ne ha, io stesso ne ho, attribuito l’energia. Leggere è stata l’ulteriore sorpresa e sapere dell’ennesima intuizione, di una materia non inerte che s’aggrega e diventa pulsante, in grado di produrre altra materia per altra energia da fare corona in un infranto di goccia d’acqua.

Contrariamente a come perviene tra le mani la scrittura dell’Hammer-Leicester non è del normale apparire e leggere nel fascicolato, bensì, di contro, è il seguire il suo vero verso così come voluto e scritto da Leonardo. È l’identica filosofia dello scrivere margine dopo margine, da destra a sinistra. La prima pagina del primo foglio è per noi la quarta, l’ultima è per noi la prima. Il primo segue il successivo dei fogli o carte, dunque, questi verranno dapprima distesi e, via via, compilati e sovrapposti come sopra descritto. Il 18esimo diverrà così il primo. Il Codice ultimato verrà poi piegato come se fosse fascicolato e la lettura dovrà invece seguire la filosofia di scrittura così come voluta dal Leonardo. Grandiosa manipolazione ch’è il più e l’oltre del formale, la voluta per l’ulteriore farci girare intorno nel comprenderla. Non nascondo di essermi ritrovato per l’ennesima volta nello smarrito di un dialogo da costruire. Infinita è stata la gioia nel rileggere il Codice. Altrettanta nell’averla avuta dall’amico Maurizio Nocera. Oggi non posso che esserne grato.

La preziosa percezione che mi ha reso, sia per l’idea del chiosare per un inizio e per disegni nel marginare, sia per quel che è stato il ristudiare mi ha ritrovato nell’utile della mia paziente ricostruzione di altro Codice. Naturalmente sono andato oltre la normale stesura dello stesso. Manipolare immagini e suoni e parole e proiezioni geometriche è stato come inseguire la possibilità di trovarmi in altra avventura, in altra e alta sensazione, in altra e diversificata opportunità per più profonda conoscenza di una grafia. Per il terminato dell’approccio, d’obbligo è, fu l’uso di specchio e non sostai solo sui margini dell’anastatico ma ne precipitai per scannerizzarlo in un digitale mentale pagina dopo pagina, foglio dopo foglio. Del poi è stato il nuovo anastatico, il nuovo piacere di un illusione, del possedere financo la scrittura del Leonardo.

Così è stato e in punta di seppia e per grazia di un amico, e per il nuovo. Su quel margine ho scritto: Non v’è cosa che sia e non tira anco pe’ i Soli, che il sia la potenzia del diaccio e per come il si vede trascinar li massi in valle e sia puro la Luna ch’è quel lume per far pur io commentario per fogli, per far pagine e per casi e lì ne sarebbe in gravità e quivi n’è per l’ideale. Saria varietà anco pe’ i siti e per velocità d’acque dentro alli sua fiumi per far movere inchiostro, per metter l’obliqua dei fondi, per far scorrere lumi e per far loro veloce il proseguire in valli.

Poi il movere grato è chi fu per causa, per quel che ho qui scritto e letto e per esser qui a raccontare.